top of page

BIOENERGETICA E PSICOSI

Immagine del redattore: BiosBios

L’(auto)LOCKDOWN* DELLA BIOENERGETICA : UNA SFIDA DELL’ATTUALITA’. LE PSICOSI.

Dott.Enzo Dal Ri


L’irrompere dell’evento reale, nel nostro tempo, della pandemia e della conseguente necessità di un distanziamento sociale coatto, ha fornito-imposto l’autorizzazione a passare dalla forma abituale di psicoterapia in presenza, ad una forma nuova da remoto. Le modalità da remoto, mediante l’uso di sistemi di connessione sempre più sofisticati, prenderà sempre più piede, costringendoci a confrontarci seriamente con queste novità. Per noi bioenergetici, il problema è ancora più significativo, perché l’analisi bioenergetica ha la necessità di avere a che fare con il corpo in carne ed ossa (Lowen,1985 ) e non con un’ immagine virtuale. Questo obbliga a reinventare metodi e aggiornamenti teorici, in quanto alcuni capisaldi della bioenergetica vengono a cadere. Primo fra tutti il fatto che non vi sono testi del fondatore, A. Lowen, a disposizione, a cui fare riferimento, poi la abituale modalità degli esercizi corporei in seduta non può essere svolta come nel setting abituale; tutto questo offre però anche l’opportunità di riflettere sui nostri strumenti di lavoro. Si sta aprendo, per tutti un campo nuovo ed inedito, che richiede una certa curiosità creativa per poter affrontarlo in modo positivo.

In questo scritto presento alcuni spunti che mi riservo di approfondire ulteriormente.Come ad esempio l’interrogarci sul fatto che la teoria di Alexander Lowen possa essere o meno applicabile alla psicosi.

Perché,se essa fosse applicabile solamente a casi con struttura nevrotica porterebbe ad abbandonare un grande campo di patologia. Atteggiamento questo non rivolto al futuro, alla ricerca, ma ancora una volta ancorato al passato. Come terapeuti penso che non possiamo rinunciare alla funzione di cura, anche in questi ambiti. Il paziente psicotico cosa chiede? Chiede di poter uscire dal suo stato di angoscia, dalla sua depressione, dal suo isolamento e dal pericolo di ricadere in uno stato caotico. (Racimier,1972).

IL LOCKDOWN TEORICO PERSONALE

Partirò quindi dalla mia esperienza personale.

Dopo circa un anno dal mio inizio come psicoterapeuta corporeo, di stampo bioenergetico, si affaccia al mio studio Franco di 56 anni, con una storia di ricoveri per crisi psicotiche, in terapia farmacologica per schizofrenia cronica, con alle spalle innumerevoli percorsi psicoterapeutici interrotti sempre dopo qualche mese.

Esordisce dicendo: ”Vengo perché sollecitato da mia sorella e perché la mia ultima terapeuta non mi vuole più vedere, non risponde più al telefono, si è dileguata. Io so che tu sei della scuola di bioenergetica, ho letto qualche cosa di Lowen; per prima cosa ti avverto che io non voglio assolutamente fare alcun esercizio con il corpo, se mi farai fare qualche cosa con il corpo me ne vado immediatamente”.

Prima mia reazione , panico, e allora che faccio? Rinuncio, mi ritiro per inconsistenza della mia teoria? Riflettendoci un pò, mi dico, che Franco ha ragione a non voler fare esercizi con il corpo. Infatti mi ricordavo che nel capitolo XVI del libro, Analisi del carattere, anche Reich, come Lowen qualche anno dopo, riporta dettagliatamente il tentativo di trattamento di una giovane schizofrenica mediante tecnica corporea bioenergetica, prevalentemente respiratoria, con esiti catastrofici: già alla prima seduta (pag.492) la paziente si rifiutò di respirare profondamente,….e apparve completamente dissociata mormorando parole incoerenti e inintelligibili (pag.493); ad ogni fine seduta, quando ci arrivava, la paziente mostrava evidenti segni di grave dissociazione.

Fortunatamente il mio tirocinio l’avevo svolto per alcuni anni presso il centro di svezzamento psicotici dell’azienda sanitaria di Trento. Dopo il primo disorientamento iniziale che mi dettava la rinuncia, mi sono preso tempo e mi sono messo allo studio della schizofrenia e delle psicosi.

Alla seconda seduta Franco mi comunica che non tollera e non sopporta di essere guardato negli occhi. Le sedute successive, per mesi, mi sono apparse, molto confuse , a volte senza senso, inconcludenti. Per circa un anno tutto quel che dicevo veniva contestato, rifiutato, considerato sbagliato, fuori luogo dal paziente. D’altra parte se rimanevo troppo a lungo in silenzio, Franco mi diceva che lui con i muri non parlava, si alzava e se ne andava. Nel primo anno Franco si è alzato nel corso della seduta e se ne è andato almeno una decina di volte. Ma è sempre ritornato. Mi sentivo inadeguato in balia del paziente, mi sembrava che fosse lui che ne sapesse più di me . Poi le cose sono lentamente e radicalmente cambiate forse perché ero riuscito ad entrare nel suo mondo, fatto di confusione, angosce, risentimento, rabbia, odio, tentativi deliranti di costruire un senso all’esistenza. Grazie a questo , la relazione analitica è andata avanti per circa 6 anni, con notevoli e insperati miglioramenti, sia nella sua vita lavorativa che relazionale, senza più una ricaduta psicotica; alla fine del sesto anno Franco è morto per un tumore inarrestabile.

In seguito, questa tipologia di problematiche si è poi ripetuta con altri pazienti affetti da problemi di scompensi psicotici.

Con i pazienti di questo tipo credo sia necessario acquisire un concetto di cura più ampio, del paziente, assieme a quello del suo ambiente, mediante una presenza molto attiva, mediante un’ assunzione a volte anche di un pesante carico terapeutico.

Una condizione molto importante e fondamentale con questi pazienti è quella di proporre e disporre sempre delle sedute telefoniche, poter essere raggiungibili in qualsiasi momento di difficoltà o necessità. La relazione da remoto per me non ha comportato grandi difficoltà con questo tipo di pazienti, abituati a sedute telefoniche a volte anche della durata di un ora.Penso che il setting più importante sia il setting interno dell’analista, infatti quello che fa “analisi” non è tanto l’ambiente in cui si fa, ma l’esercitare “ la funzione analitica”.

“Se si considera qualunque seduta analitica come un’esperienza emotiva vi debbono essere di conseguenza specifici elementi per cifrare tale esperienza, come esperienza analitica e non come un comune modo di stare insieme. Nel dialogo si favorisce la realizzazione di esperienze/narrazioni che abbiano relazione con il proprio inconscio, la propria infanzia, con i propri conflitti, facendo esperienza del transfert” (Saraval,1988).Anche se, solo il disporre di un setting articolato, in presenza, permette “una metaforizzazione polisemica” del discorso del soggetto, assieme ad un’atmosfera onirica, una sospensione della realtà con una riduzione delle barriere fra due realtà quella materiale e quella psichica.(Green,1984)

Io credo sia preferibile la seduta telefonica alla video chiamata, in questi pazienti, per via della potente ambiguità della visione.

La visione è il più antico e pervasivo organo di senso dopo la bocca e il tatto: il visivo detiene una notevole potenza. Vedere in greco è “ idein “che è a sua volta la radice di idea cioè di pensiero e di sapere. (www.Visionebioart.wordpress.com). La quantità e qualità della recezione visiva è di gran lunga superiore alla possibilità offerta dagli altri recettori sensoriali: il cervello è in gran parte dominato dalla funzione visiva. Per questo, la ricchezza delle afferenze visive assume un’importanza fondamentale per costruire una mente e i suoi prodotti mentali. L’oggetto visivo è sempre onnipresente, nella percezione, ed è uno strumento essenziale per la costruzione della mente. Alla simbolizzazione visiva però possono venir associati elementi di onnipotenza ,controllo, oralità, possesso, incorporazione e tante altre attribuzioni collaterali ed emotive. La mente psicotica non potendo utilizzare adeguatamente le percezioni dell’apparato visivo, danneggiato fin dalle prime esperienze di vita, rende il processo percettivo insopportabile. Attraverso la frammentazione e meccanismi di proiezione, il vedere e l’essere visti si associano quasi invariabilmente a idee persecutorie, minacciose, spionistiche, intrusive, attribuite allo sguardo dell’altro, fino ad arrivare alle allucinazioni visive. Il più delle volte di tipo paranoico e cioè di essere in presenza di uno sguardo maligno che si accompagna ad angosce di rappresaglia. (Imbasciati,1983,pag 134 ). Il sentirsi osservati minacciosamente è accompagnato da elementi di distruttività. Ecco perché è preferibile la seduta telefonica, in quanto per poter calmierare i vissuti visivi persecutori è necessario poter disporre della presenza del corpo con tutti gli altri sensi. Il lavoro analitico sulla visione è un capitolo molto importante nelle psicosi in quanto trampolino verso la costruzione di una capacità di pensare. Questo può avvenire mediante un lavoro di innalzamento di un confine fra la funzione visiva orientata al vedere la realtà e lo sguardo, nella sua funzione intrusiva e violenta . Detto in termini più teorici, questo potrebbe essere chiamato transfert sul proprio corpo (Lombardi,2016,pag48) o coscienza collegata con i propri organi di senso (Freud,1911),con l’obiettivo di raggiungere una visone binoculare stereotassica che tenga insieme il pensiero e l’emozione in un rapporto di complementarietà. (Bion,1962).


Procedo quindi con il distinguere le varie funzioni.

Cosa intendo per funzione analitica nelle psicosi: un ampio campo da esplorare su come si potrebbe integrare con la bioenergetica.La funzione analitica si dispiega attraverso varie sotto funzioni.

1.Funzione di presenza

La prima fondamentale qualità della cura in caso di ambiti psicotici è semplicemente quella di esserci. Esserci come qualità persistente, affidabile, disponibile. Questa presenza sia fisica che raggiungibile a distanza, in qualsiasi momento, soprattutto nelle prime fasi della psicoterapia, è di estrema importanza. Per lo psicotico l’oggetto assente è quasi sempre perduto o distrutto, per via della sua incapacità di interiorizzare una presenza in modo continuativo.

E’ fondamentale che il paziente sappia che la sua mente è contenuta nella mente del terapeuta e che a differenza del contenitore trasformativo materno che a suo tempo era stato incapace di tollerare le proiezioni emotive del suo bambino, rispondendo con una notevole carica di odio inconscio verso il bambino stesso, il contenitore-mente del terapeuta è disponibile ad accettare le proiezioni emotive del paziente, agendo come un traduttore e un filtro che riesce a tollerare e ad assorbire i suoi stati emotivi. (Groststein,2010 ) .Il paziente può contare sulla mente del terapeuta, inoltre, per accedere al funzionamento della propria mente, per lui il più delle volte caotica e fonte di angoscia. In questo modo si arriva alla seconda funzione analitica:

2.Funzione di monitoraggio delle dinamiche mentali

Tenendo presente il modello di comprensione del funzionamento psicotico, delineato da Bion,1967,in Analisi degli schizofrenici , che distingue una parte sana e una parte psicotica della personalità, congiunto al fatto che, questi processi psicotici hanno carattere progressivo ed instabile, (per questo è sempre obbligatorio lavorare in collaborazione con uno psichiatra che possa somministrare una terapia farmacologica) bisogna sviluppare la capacità di intuire in quale direzione la mente del paziente sta andando.

Nel caso della psicosi, la parte psicotica della mente può arrivare a dominare la parte sana, colonizzandola progressivamente, in modo inconsapevole per il paziente. Questo processo di conquista è di lunga durata, in genere inizia già fin dall’infanzia per poi esplodere in età adolescenziale o nel corso della prima giovinezza. Il modello bioniano offre chiare indicazioni sulle modalità di trattamento: è fondamentale aiutare il paziente a comprendere come le sua parte psicotica lo conquisti e lo metta in pericolo, quando permette a questa di sedurlo. Le crisi iniziano a essere contenute quando il terapeuta acquisisce una conoscenza abbastanza approfondita della modalità segreta con cui il paziente costruisce il suo stato psicotico (De Masi,2018 ).La difficoltà nel lavoro analitico con questo tipo di pazienti dipende in gran parte dal fatto che essi non dispongono di un inconscio emotivo e non sono in grado di usare le emozioni per costruire e comprendere la realtà psichica. Questo deficit che è presente anche nei pazienti borderline raggiunge il suo massimo nelle psicosi. I bambini destinati a diventare psicotici hanno avuto genitori che non hanno saputo accogliere emotivamente le loro proiezioni e non li hanno aiutati ad entrare nel mondo delle emozioni. La soluzione che il bambino ha trovato é stata quella di crearsi un ritiro, un rifugio segreto nella sua mente, incentrato sull’esperienza sensoriale, ma di una sensorialità autoprodotta, autistica, slegata dalle reazioni. Nel suo ritiro il bambino costruisce una realtà parallela che non entra in conflitto con la parte relazionale, la quale si sviluppa in modo anomalo, con evitamento del contatto con gli altri e con la realtà. Questa realtà parallela continua ad esistere ed ad ingrandirsi progressivamente, creando un mondo sempre più separato e distante dalla realtà. In questo mondo domina un senso di onnipotenza, che procede fino a sfociare nella crisi psicotica delirante.

Hanna Segal (1950) riporta una seduta con un paziente, che riferiva, che mentre faceva esercizi con gli occhi, una voce nella sua testa, come un eco teneva il conto per lui. In sostanza la dissociazione mente/corpo è talmente radicata e grave che le sensazioni corporee, le stimolazioni emotive e fisiche portano il paziente facilmente alla dissociazione, come se, l’apparato di metabolizzazione degli stimoli si intasasse e portasse ad una rottura della coerenza del sistema psichico.

3.Funzione di IO sussidiario

La condizione tragica dello psicotico è che il suo IO, si trova in una posizione simbiotica, caratteristica della psicosi schizofrenica. Si tratta di un fenomeno molto profondo e molto importante, per il quale il paziente rinuncia inconsciamente all’attività del proprio IO, lasciandola o addirittura imponendola ad un oggetto esterno, per prima alla madre e poi ricercandola in qualche altro oggetto del mondo esterno. Lo schizofrenico chiede all’oggetto ciò che l’oggetto non può fornire: essere se stesso e funzionare come tale, ma avanzando una continua richiesta all’altro di sostituirsi al suo IO. L’abbandono di una parte indispensabile delle funzioni del proprio IO richiederà che qualcun altro se ne faccia carico, mettendo il paziente in una situazione altamente ambivalente e mutilante. Questo paradosso rende difficile la comprensione ma se non modificato sarà la causa del progressivo aggravarsi dello stato psicotico. Nei casi estremi l’aiuto consiste nel sostituirsi alle funzioni disinvestite dell’IO, situazione grave che necessita di una istituzionalizzazione, ma nei casi meno gravi, sarà sempre opportuno porsi non tanto come elementi sostitutivi quanto piuttosto come elementi di stimolo, di presenza, e di sostegno, verso una sempre crescente autonomia. Un ruolo importante viene assunto dal tipo di linguaggio utilizzato. Linguaggio da parte del terapeuta sempre coerente e legato al reale delle cose, senza ironia, doppi sensi, metafore, ecc. monitorando, come spesse volte, il linguaggio verbale è utilizzato come difesa dalle emozioni e dal sentire, fatto però da rispettare per lungo tempo.

4.Funzione di transfert-controtransfert corporeo.

“Quando il conflitto corpo-mente diventa intollerabile la dissociazione corpo-mente prende il sopravvento. Una psicoterapia che dà per scontati i livelli più primitivi di integrazione interna, centrandosi troppo precocemente su dinamiche psichiche evolute e sulle relazioni oggettuali, rischia di diventare antiterapeutica trasformandosi in una del tante declinazioni della dissociazione corpo-mente che caratterizzano il nostro mondo contemporaneo”. (Lombardi,2016, pag.23)” Al corpo rinnegato, non resta che un destino di ribellione o rivincita che si realizza in modo minaccioso nella malattia somatica. o attraverso la violenza delle esplosioni psicotiche. La mente deve scoprire i propri limiti, tramite un diretto confronto con la natura corporea dell’essere umano “.(Lombardi,2016, pag. 26). Freud ha posto l’accento sul corpo pulsionale che tenderebbe verso un appagamento senza limitazioni, mentre soprattutto alla luce delle patologie della società contemporanea, la dissociazione dal corpo, sembra essere il dato fondamentale, ovvero la scomparsa del corpo dall’orizzonte della mente: quando la mente si rende indipendente (illusoriamente) dal corpo prevale l’immaginario-onnipotente. La mente rinunciando al corpo rinuncia alla sua vera casa per affiliarsi a case prese in affitto. Il soggetto ha la necessità di confermare la propria identità mediante fattori esterni piuttosto che dal dato grezzo della sua fisicità, quale incontestabile testimonianza della sua esistenza, obbligandolo a richiedere una continua approvazione e conferma agli altri ed alle vicissitudini del vivere in una società. Per questo anche la concezione di transfert necessita di un ampiamento di significati, vale a dire non solo transfert sull’analista, ma transfert sul corpo: la difficoltà di relazionarsi al proprio corpo e ai livelli emozionali primari. Si può parlare allora di doppio livello di transfert corporeo della coppia analitica, uno sulla propria corporeità ed uno fra i rispettivi corpi: la peculiarità è che il corpo funziona come un organo recettore delle comunicazioni inconsce della coppia analitica. Questa attenzione alla partecipazione corporea facilita in modo determinante il processo di empatia e la comunicazione emotiva, all’interno della coppia analitica, essendo il legame con le sensazioni, la precondizione per un vita emotiva.

Tutto questo porta alla necessità che l’analista si muova sugli stessi livelli non organizzati, di sensazioni fluide, intraducibili a livello simbolico, legate indissolubilmente alle stesse esperienze emotive che sta vivendo il paziente. A questi livelli primitivi l’analista si confronta non tanto con specifici contenuti mentali o definite aree conflittuali, come nel controtransfert di livello più integrato, quanto con manifestazioni più radicali. In un controtransfert somatico, nel quale, l’analista si trova a contenere nel proprio corpo, le manifestazioni sensoriali pre-simboliche, antecedenti ai fenomeni mentali. In definitiva il controtransfert somatico corrisponde al transfert dell’analista sul proprio corpo, come condizione necessaria, per accompagnare l’elaborazione di avvicinamento dell’analizzando al proprio corpo.

Potremmo poi differenziare un transfert-controtransfert corporeo a seconda della prevalenza sensoriale, solo uditiva senza l’intervento della visione del paziente, come nel colloquio telefonico o a prevalenza visiva, che instaura modalità di transferali e controtransferali differenti .


Nei componenti del nucleo primario della teoria di Lowen, il concetto di dissociazione mente-corpo deve essere considerato il centro della teoria loweniana, seguito poi da altri elementi come il concetto di grounding. (Lowen,1972,1990)

Il grounding è una originale articolazione nel pensiero di Lowen del principio di realtà, incarnato in un protomentale corporeo, nelle sensazioni cinestesiche di solidità sui propri piedi che appoggiano fermamente sulla terra che si contrappone alla dissociazione. Il concetto di grounding entra come idea costitutiva del nucleo secondario della teoria di Lowen, secondo la definizione di teoria, dell’epistemologo Imre Lakatos, e come tale, raggiunto un certo alto grado di astrazione, può essere applicato a tutte le funzioni analitiche qui sopra descritte, nell’ambito del trattamento di pazienti non solo difficili.

Nel caso della funzione visiva, si può parlare di grounding visivo, quando privilegiamo nella percezione la visione centralizzata, foveolare, nitida e distinta, rispetto ad una visione periferica, incerta, non distinta, emozionale, fatta di figure indistinte più che di immagini nitide. Grounding visivo allora significa vedere le cose come stanno veramente e non attribuire a loro elementi estranei alla realtà. Possiamo fare l’esempio delle macchie di Rorschach, se l’aspirante astronauta guardando le macchie, alla domanda cosa vedi, risponde che vede dei pipistrelli, viene scartato, se invece, dice, vedo macchie passa il test.

Nella funzione di presenza e di monitoraggio delle dinamiche mentali fra parte sana e parte psicotica, l’analista sostiene, valorizza, cerca di radicare sempre più la parte sana, secondo un principio di realtà, introdotto progressivamente. Un’altra forma di grounding si può sviluppare con un uso di un linguaggio lineare, concreto, con un preciso significato delle parole, senza metafore o allusioni metalinguistiche, tutte espressioni che confondono la mente del paziente.

Il grounding poi svolge un ruolo fondamentale nel controtransfert corporeo dell’analista. Rimane sottinteso che il grounding corporeo per il paziente va raggiunto mediante un lungo percorso di terapia, è una conquista non un dato di fatto: esercizi di grounding fisici potrebbero portare ad un aumento della dissociazione, data la estrema labilità della capacità di elaborazione simultanea di afferenze sensoriali multiple da parte della mente di questi pazienti.

ALCUNE NOTE CONLCUSIVE

1.Per me l’evento pandemico impone una rinnovata azione riflessiva all’interno della teoria bioenergetica per permettere di implementare un’evoluzione teorica.

2.Una teoria, che ha al suo centro lo studio della corporeità, dove il rapporto corpo-mente è la cifra ,il leitmotiv, l’elemento fondante e costituente, come lo è nella teoria loweniana, non può rinunciare ad occuparsi di patologie psichiche come la schizofrenia e similari che sono nate e si mantengono proprio sulle anomalie del rapporto corpo-mente.

3.Solo una teoria che abbia al centro il copro reale e concreto delinea una prospettiva teorica e metodologica radicale nei confronti delle teorie strutturalistiche che fondano l’essenza dell’umano nel simbolico, tralasciando quasi completamente il corpo reale e occupandosi solo del corpo simbolico .Come sostiene R.Lombardi,2016, a pag.37: “in assenza di un referente interno, concreto del proprio corpo, il lavoro sul simbolo rischia di rimanere astrattamente autoreferenziale”.

4.Infine per me è abbastanza chiaro che uno psicoterapeuta corporeo, formatosi sullo studio ed esperienza del suo corpo e di conseguenza sullo sviluppo di una marcata sensibilità corporea, che altri non hanno, è abilitato ad occuparsi di tutte le patologie psichiche contemporanee, conseguenti ad un disturbo molto primitivo, riferibile alle primissime esperienze postnatali, pre-simboliche, che inaugurano e fondano la futura grave dissociazione corpo-mente su cui si reggono.


Bibliografia

Bion W.R. (1962). Apprendere dall’esperienza.Roma: Armando Editore

Bion W.R. (1967). Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico.Roma: Armando Editore

Bion W.R. ( 1973). Gli elementi della psicoanalisi.Roma: Armando Editore

Bonfiglio B.,a cura di (2016).Transiti corpo-mente.Milano: FrancoAngeli

DeMasi F. (2018). Svelare l’enigma della psicosi. Milano: Mimesis Editore

Freud S. (1911). Precisazioni sui due principi dell’accadere psichico. In Opere,6.Torino:Boringhieri Editore

Green A. (1984). Realtà psichica e realtà materiale.In:Piattelli M., a cura di (1987 ). Livelli di realtà. Milano: Feltrinelli Editore

Groststein J. S.(2010)Un raggio di intensa oscurità. Milano: Raffaello Cortina Editore

Imbasciati A. (1983). Sviluppo psicosessule e sviluppo cognitivo. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore

Lombardi R. (2016). Metà prigioniero, metà alato. Torino: Bollati Boringhieri

Lowen A. (1972). La depressione e il corpo. Roma: Astrolabio Editore

Lowen A. (1975).Bioenergetica. Milano: Feltrinelli

Lowen A. (1985). Il linguaggio del corpo. Milano: Feltrinelli Editore

Lowen A. (1991). La spiritualità del corpo. Roma: Astrolabio Editore

Lowen A. (1994). Arrendersi al corpo. Roma: Astrolabio Editore

Racimier P.C. (1972).Lo psicoanalista senza divano. Milano:Raffaele Cortina Editore

Reich W. (1973). Analisi del carattere.Varese: Sugarco Edizioni

Saraval A. (1988). La tecnica classica e la sua evoluzione .In : Favaretti Camposanpiero F., DiBenedetto P., Cauzer M., a cura di(1998).L’esperienza del corpo. Milano:Dunod

Segal H. (1950). Alcuni aspetti dell’analisi di uno schizofrenico.In: Favaretti Camposanpiero F., DiBenedetto P., Cauzer M., a cura di(1998).L’esperienza del corpo.Milano:Dunod




 
 
 

Post recenti

Mostra tutti

Bennet Shapiro :

Usa il Rock and Roll e guarda il mondo con curiosità e meraviglia (B.Shapiro) Di Enzo Dal Ri Ben Shapiro,l’innovatore. Recependo la...

Commentaires


© 2023 by The Artifact. Proudly created with Wix.com

bottom of page