
La Teoria di W.Reich in breve
Curiosamente Freud ebbe tre problemi di scissione nei confronti
della sua teoria, del suo pensiero. Nel 1913 la nota scissione di Jung dove
principalmente veniva contestato da parte dello psicologo svizzero
la teoria generale della libido di Freud e la centralità del complesso edipico.
Nel 1923, 10 anni dopo, con Otto Rank che mise anche lui in dubbio la centralità del complesso edipico per dare molta importanza invece al trauma della nascita.Nel1933 Reich con la sua nuova teoria che emerge in
particolare in maniera più compiuta nel suo libro la rivoluzione sessuale
In W .Reich rimane un collegamento con Freud che è basato sul dare risalto
all'importanza del concetto della libido la quale però viene inserita in una
visione più ampia che apre un altro scenario. Uno scenario che non diventa soltanto psichico ma diventa cosmologico.
Di fatto Reich sostiene (ripreso da Marcuse)che l'uomo vive in un mondo ,in un cosmo che è costituito da una bio energia e che viene attraversato da questa bioenergia
che fornisce all'uomo tutte le sue possibilità di azione, pensieri, ecc. che l'uomo traduce poi nelle sue varie attività Fondamentalmente Reich mette al
centro di questa energia che l'uomo riceve da questa sfera cosmologica la sessualità. E questo fa sì che lui arriva a sostenere che questa situazione viene turbata fondamentalmente dal l'evolversi di una società repressiva
Ora il problema però è questo che quando Reich parla di questo tipo di
repressione apre uno scenario che a che fare con una visione di tipo chiamiamolo politico sociologico; in particolare cerca di coniugare la
concezione marxista con la psicoanalisi.
La concezione della biofisica o meglio della bioenergetica configura una concezione naturalistica dove l'uomo c’entra poco; lui viene investito e traduce questo ..
Reich dà importanza alla corazza che è una modalità difensiva nei
confronti di questo tipo di spinta energetica, per ragioni di difesa.
Ora la corazza viene chiamata anche seconda pelle, viene chiamata fortezza vuota, chiamata in vario modo, però oggi giorno ha una grande importanza, perché dà luogo alla studio e anche alla pratica clinica, in ambito terapeutico, per andare a toccare quelle
difese molto primitive che ostacolano poi l'evoluzione verso gli stati maturi del soggetto. E’ una specie di chiusura psichica che di fronte a delle traversìe molto precoci, il bambino mette in atto per creare una sorta di allucinatorio ambiente che vorrebbe replicare quello della quiete endouterina .
Il pensiero di Wilhelm Reich.
Reich nasce nel 1897 in Galizia.
Periodo viennese
All’età di 23 anni ancora studente di medicina, era già socio nella Società psicoanalitica di Vienna. Nel 1927 aderisce ufficialmente al partito comunista: Reich matura la convinzione dell’improponibilità della psicoterapia individuale, così prolungata nel tempo e accessibile solo ad un ristretto numero di pazienti privilegiati delle classi sociali superiori, per la cura di disturbi nevrotici .
Reich elabora la convinzione dell’esistenza di un nesso tra repressione sociale e repressione della sessualità . Soprattutto la militanza nelle file del partito comunista permette a Reich di scoprire, quella che egli avrebbe più tardi definito la "materia sessuale di massa" (nevrosi, aborti in clandestinità, disinformazione sessuale, perversioni, impossibilità di una sana e soddisfacente vita sessuale, e così via).
Da questa esperienza Reich elabora una teoria e una pratica terapeutica in alternativa a quella freudiana.
In accordo con Freud solamente sull’eziologia sessuale dei disturbi nevrotici, Reich esprime il suo totale dissenso nei confronti della svolta operata da Freud con gli scritti come : Al di là del principio di piacere e Il disagio della civiltà. Per Reich la natura umana sarebbe in origine integra, pura, incontaminata negli istinti e genuinamente rivolta alla felicità (in primis a quella sessuale), per questo motivo nega che si possa parlare di un impulso distruttivo, come l’istinto di morte. Quest’ultimo sarebbe invece, un derivato della repressione degli istinti e soprattutto della repressione sessuale congeniale al sistema economico di tipo capitalistico. Reich si convince che la nevrosi nasca dalla rinuncia alla soddisfazione della sessualità genitale, provocata non dai conflitti rimossi dell’infanzia bensì da un inappagamento sessuale nel presente. L’origine viene ricercata nell’ "impotenza orgastica" .La guarigione della nevrosi richiede secondo Reich una vita sessuale caratterizzata dal recupero della pienezza della potenza orgastica. Ma all’origine delle difficoltà della sessualità genitale vi sarebbe la repressione sociale della sessualità: la miseria sessuale delle masse, intrecciata alla miseria sociale.
Reich sostiene che la funzione repressiva svolta dalla famiglia si inserisce in un ordinamento sociale come quello capitalistico, interessato a imporre alle classi subalterne non soltanto il dominio materiale ed economico della classe egemonica, ma anche la propria ideologia, quale puntello essenziale di quello stesso dominio. L’introiezione di massa dell’ideologia sessuofobica favorisce infatti la formazione di individui passivi, acritici, disposti ad essere piegati e sottomessi senza opporre resistenza: elaborando la sua teoria sul carattere, Reich sostiene che in ogni individuo si forma una struttura caratteriale che è una difesa dagli stimoli provenienti dal mondo esterno o dal proprio inconscio. Questa struttura o corazza è indotta dalla società in cui il soggetto si trova a vivere:: la terapia analitica avrà come scopo di romperla onde poter liberare le energie imprigionate dell’uomo corazzato.
Periodo berlinese
L’armatura caratteriale si viene configurare a più strati o livelli che sono linee di difesa inconsce nei confronti degli impulsi non tollerati dalla società, che irrigidiscono entro modelli stereotipati la condotta della persona: uno superficiale, che rende disponibile l’individuo nei confronti del ruolo e della responsabilità che riveste nella vita sociale, un secondo sottostante, corrispondente al rimosso freudiano, costituito dagli impulsi aggressivi e perversi conseguenti all’azione repressiva della società.
Nel profondo si nasconde il nucleo biologico positivo costitutivo della natura originaria dell’uomo, soffocato dalle strutture sovrastanti.
Con questa ossatura teorica, Reich conduce a Berlino la sua battaglia per la liberazione sessuale: nel 1931 promuove Sexpol, l’associazione per una politica sessuale proletaria che finisce per coinvolgere quasi cinquantamila giovani nella prospettiva di una lotta anticapitalistica. Per il Sexpol, Reich scrive ,La lotta sessuale dei giovani (1931), in cui sviluppa la sua tesi sull’origine sociale dei disturbi sessuali dei giovani: l’autoritarismo e la repressione sessuale all’interno della famiglia impediscono lo sviluppo della volontà di lottare negli individui.
Reich si propone con la sua associazione di aiutare i giovani a liberare la propria sessualità come presupposto per un pieno sviluppo della loro capacità critica, dell’attività intellettuale e della lotta politica.
Reich in Psicologia di massa del fascismo scrive : "non sarebbe più logico chiedersi che cos’è, nelle masse e dentro le masse, a render loro impossibile di riconoscere la vera funzione del fascismo? Le solite formule: ‘i lavoratori debbono rendersi conto…’, o le autocritiche del tipo ‘noi non abbiamo capito che…’ non servono a nulla. ‘Perché’ i lavoratori non si rendono conto e ‘perché’ noi non abbiamo capito?". Ed è qui che la psicoanalisi giunge in soccorso: essa è infatti capace di spiegare comportamenti politici delle masse che non sarebbero mai derivabili dagli interessi economici: l’analisi del carattere, lo studio della famiglia patriarcale e piccolo-borghese e della sua funzione altamente repressiva, permettono di capire la struttura caratteriale di tipo autoritario, indotta dal potere dominante tra le masse, che le ha portate a interiorizzare il rispetto e l’accettazione del capo, estremo esito di quella castrazione dell’individuo iniziata dalla famiglia, nel rapporto del figlio con l’autorità del padre. Reich arriva a dire, in maniera piuttosto simile, che l’autorità sviluppantesi nella famiglia viene introiettata dall’individuo e da questi sentita come legge morale. Reich individua nel fascismo "l’espressione politicamente organizzata della struttura caratteriale umana media" in quanto costituisce "l’atteggiamento fondamentale dell’uomo autoritariamente represso dalla civiltà delle macchine". Nel 1934 è espulso dalla "Società psicoanalitica internazionale".
Periodo americano
Nel 1939 si trasferisce negli Stati Uniti, dove inaugura una nuova fase della sua vita e della sua riflessione.
Il periodo americano di Reich – periodo che va dal 1939 fino alla sua morte nel 1957– segna il suo distacco dal marxismo e il prevalere della tendenza alla radicale biologizzazione della libido, epurata da ogni segno culturale, scivolando in un ambito scientifico-meccanicistico. Egli converte gradualmente il trattamento analitico mediante l’analisi del carattere, in trattamento orgonico, e va alla ricerca dell’orgone, l’ipotetica energia cosmica bioelettrica primordiale imprigionabile in speciali accumulatori organici.
Wilhelm Reich
Per una psicoanalisi che contesti la voce del padrone.
1.Reich elabora la convinzione dell’esistenza di un nesso tra repressione sociale e logica del potere, da una parte, e repressione della sessualità dall’altra. Soprattutto la militanza nelle file del partito comunista permette a Reich di scoprire, quella che egli avrebbe più tardi definito la "materia sessuale di massa" (nevrosi, aborti in clandestinità, disinformazione sessuale, perversioni, impossibilità di una sana e soddisfacente vita sessuale, e così via).
2.Reich esprime il suo totale dissenso nei confronti della svolta – da lui definita "idealistica" – operata da Freud in Al di là del principio di piacere(1920) e Il disagio della civiltà(1929). Muovendo da un presupposto di remota ascendenza rousseauiana, secondo il quale la natura umana sarebbe in origine integra, pura, incontaminata negli istinti e genuinamente rivolta alla felicità (in primis a quella sessuale), egli nega che si possa parlare di un impulso distruttivo originario come quello freudiano di Thanatos che, al contrario, sarebbe un derivato della repressione degli istinti, soprattutto della repressione sessuale cui gli uomini sono sottoposti dal condizionamento sociale. Per quel che riguarda le tesi frudiane disvelantisi in Disagio della civiltà, Reich obietta che il discorso di Freud è viziato da un concetto destoricizzato di civiltà, cosicchè il sacrificio della pulsione sessuale, che viene inteso come inevitabile per garantire gli interessi della civiltà in generale, è in realtà richiesto da un determinato tipo di civiltà, ossia quella particolare civiltà caratterizzata dai rapporti sociali e dal sistema economico capitalistico.
3.Il principio di realtà – da Freud assunto senza chiarire di qual realtà si tratti – si configura allora come una bieca mistificazione aberrante: per non parlare poi del fatto che la sublimazione, proposta da Freud come modo di risolvere il conflitto libido/civiltà, è in effetti praticabile esclusivamente dai privilegiati (ovvero i borghesi) che frequentano il salotto dello psicanalista, mentre il proletariato (a cui Reich rivolge la propria attenzione) ne resta inevitabilmente escluso in partenza, non potendosi economicamente permettere tale lusso. Del resto anche il primo Freud, condizionato com’era dall’assenza di una preparazione sociologica e da idee politiche piuttosto conservatrici (e caotiche), non avrebbe condotto alle sue ultime necessarie conseguenze la teoria dell’origine sessuale della nevrosi, accontentandosi di ottenere – grazie al trattamento terapeutico – la liberazione del paziente dalla rimozione inconscio delle pulsioni, e di sostituirla con la rinuncia consapevole delle passioni stesse. Un tale esito è da Reich rigettato: egli si convince che la nevrosi sorga, per l’appunto, dalla rinuncia alla soddisfazione della sessualità genitale, tanto da fare – già in La funzione dell’orgasmo (1927) – delle "nevrosi attuali", provocate non dai conflitti rimossi dell’infanzia bensì da un inappagamento sessuale nel presente, l’origine anche delle psiconevrosi approfondite da Freud.
4. La lettura dello scritto di Engels sull’Origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato, la critica serrata condotta da Malinowski contro la pretesa universalità del complesso edipico, agevolano Reich nel consolidare questi suoi orientamenti. In linea generale, egli conclude che la funzione repressiva svolta dalla famiglia si inserisce in un ordinamento sociale come quello capitalistico, interessato a imporre alle classi subalterne non soltanto il dominio materiale ed economico della classe egemonica, ma anche la propria ideologia, quale puntello essenziale di quello stesso dominio. L’introiezione di massa dell’ideologia sessuofobica favorisce infatti la formazione di individui passivi, acritici, disposti ad essere piegati e sottomessi senza opporre resistenza: questo è quanto si può ricavare dalla teoria di Reich sul carattere, quale viene tratteggiata nell’opera Analisi del carattere, in cui Reich sostiene che ogni individui possiede una sorta di natura caratteriale mediante la quale si difende dagli stimoli provenienti dal mondo esterno o dal proprio inconscio. Essa, indotta dalla struttura sociale in cui una persona si trova a vivere, ne limita più o meno gravemente la mobilità psichica: l’arduo compito della terapia analitica sarà allora quello di aprirvi dei varchi, onde liberarne le energie imprigionate dell’uomo.
5. Scrive La lotta sessuale dei giovani (1931), in cui sviluppa la sua tesi sull’origine sociale dei disturbi sessuali dei giovani: l’autoritarismo e la repressione sessuale all’interno della famiglia impediscono lo sviluppo della volontà di lottare negli individui, per questo Reich si propone con la sua associazione di aiutare i giovani a liberare la propria sessualità come presupposto per un pieno sviluppo della loro capacità critica, dell’attività intellettuale e della lotta politica. Il grande merito di Reich è stato quello di aver atteso per primo al progetto teorico di conciliar fra loro psicoanalisi e marxismo, salvaguardando la prima dalla deriva idealistica avviata con l’abbandono da parte di Freud del panedonismo originario (istanza accentuatasi in Jung e Adler) e liberando il secondo dai suoi limiti economicistici. Psicoanalisi e marxismo sono da Reich concepiti prospettive parziali e insufficienti se non incollate fra loro, efficaci solo e soltanto se integrati, in modo tale da penetrare la dialettica psicosociale dell’uomo. Alla psicoanalisi il marxismo può offrire il contesto sociologico che le manca per esprimere le potenzialità di contestazione radicale dell’assetto sociale che pure essa racchiude in sé, ma che il suo rapporto di convivenza con la cultura e la società borghesi le ha sempre fatto sacrificare. La psicoanalisi, sull’altro versante, è capace di colmare il deficit di psicologia sociale che impedisce al materialismo storico di liberarsi da interpretazioni meramente economicistiche della realtà sociale. Non è ad esempio sufficiente che i comunisti spieghino il fenomeno di massa del fascismo con la tesi (che pure presenta una sua parziale verità) secondo cui esso costituirebbe la reazione di classe del capitalismo contro l’ascesa del proletariato e sarebbe la conseguenza del fallimento della politica socialdemocratica; arrestarsi a queste spiegazioni vuol dire non poter spiegare come sia stato possibile al nazifascismo ottenere il consenso delle masse popolari, in un’epoca in cui (stando a Reich) vi sarebbero tutti i presupposti economici per la crisi del capitalismo e il suo violento tramonto attraverso la rivoluzione socialista.
6.Reich arriva a dire, in maniera piuttosto simile, che l’autorità sviluppantesi nella famiglia viene introiettata dall’individuo e da questi sentita come legge morale. Siffatti orientamenti di Reich incontrarono profonde ostilità tanto nella Società psicoanalitica quanto all’interno del partito comunista tedesco, il quale restava dogmaticamente fermo all’economicismo della tradizione marxista e non disponibile – per la sua stessa struttura autoritaria – ad accettare la linea politica della Sexpol, in un’epoca in cui anche in Urss erano tornati in auge – con quella feroce dittatura che fu lo stalinismo – il culto dell’autorità (Stalin era visto quasi come un Dio in terra) e della famiglia, nonché il sospetto nei confronti della sessualità
7.La psicologia di massa del fascismo (dove individua nel fascismo "l’espressione politicamente organizzata della struttura caratteriale umana media" in quanto costituisce "l’atteggiamento fondamentale dell’uomo autoritariamente represso dalla civiltà delle macchine"). Nel 1934 è espulso dalla "Società psicoanalitica internazionale".(da:D.Fusaro:Wilhem Reich)
Cosa è il fascismo secondo W.Reich?
Il fascismo come espressione della struttura caratteriale umana media
(Estratti dal libro:La psicologia di massa del fascismo,1933)
1. Il nucleo biologico naturale dell'uomo
Da quando la primitiva organizzazione democratico-lavorativa è definitivamente tramontata, il nucleo biologico non ha piú trovato un’espressione sul piano sociale. Ciò che è a naturale" ed "elevato" nell’uomo, ciò che lo lega al suo cosmo, ha trovato soltanto nell’arte, soprattutto nella musica e nella pittura, un’autentica espressione. Ma finora non ha esercitato alcuna sostanziale influenza sulla formazione della società umana, se per società si intende non la cultura di un ristretto gruppo di persone ricche appartenenti alla classe dominante, ma la comunità di tutti gli uomini.
Negli ideali etici e sociali del liberalismo si possono riconoscere i tratti dello strato caratteriale superficiale, caratterizzato dall’autocontrollo e dalla tolleranza. Questo liberalismo accentua la propria etica al fine di soffocare "il mostro nell’uomo", il secondo strato delle "pulsioni secondarie", "l'inconscio" di Freud. La naturale socialità del terzo e piú profondo strato, dello strato in cui ha sede il nucleo biologico dell'uomo, è sconosciuta al liberale. Egli deplora e combatte il pervertimento caratteriale umano con norme etiche, ma le catastrofi del XX secolo hanno insegnato che non ha combinato gran che.
Tutto ciò che è veramente rivoluzionario, qualsiasi arte e scienza autentiche, nasce dal nucleo biologico naturale dell’uomo. Né il vero rivoluzionario né l’artista o lo scienziato finora sono riusciti a conquistare le masse e a guidarle, e semmai vi sono riusciti, non sono stati capaci di tenerle in modo duraturo nel campo degli interessi vitali.
Le cose stanno diversamente, rispetto al liberalismo e alla vera rivoluzione, per quanto riguarda il fascismo. Sostanzialmente il fascismo non rappresenta né lo strato superficiale né quello piú profondo, ma il secondo strato caratteriale intermedio delle pulsioni secondarie.
Nel periodo in cui ero occupato con la prima stesura di questo libro, il fascismo veniva generalmente considerato un "partito politico" che come altri "raggruppamenti sociali" esprimeva in modo organizzato un’"idea politica". Di conseguenza "il partito fascista introduceva il fascismo o con la forza o con "manovre politiche"".
Contrariamente a tutto ciò, le mie esperienze mediche fatte con molte persone appartenenti ai piú disparati strati sociali, razze, nazioni, religioni ecc. mi avevano insegnato che il "fascismo" non è altro che l’espressione politicamente organizzata della struttura, caratteriale umana media, di una struttura che non è vincolata né a determinate razze o nazioni né a determinati partiti, ma che è generale ed internazionale. Secondo il significato caratteriale "il fascismo" è l’atteggiamento emozionale fondamentale dell’uomo autoritariamente represso dalla civiltà delle macchine e dalla sua concezione meccanicistico-mistica della vita.
Il carattere meccanicistico-mistico degli uomini del nostro tempo crea i partiti fascisti e non viceversa.
Ancor oggi, in seguito a un errato pensiero politico, il fascismo viene considerato una specifica caratteristica nazionale dei tedeschi o dei giapponesi. Da questa prima concezione sbagliata conseguono tutte le altre interpretazioni erronee.
Il fascismo è stato e continuerà ad essere considerato, a danno degli autentici sforzi per raggiungere la libertà, la dittatura di una piccola cricca reazionaria. L’ostinazione con cui si continua a sostenere questo errore è da attribuire alla paura di rendersi conto di come stanno veramente le cose: il fascismo è un fenomeno internazionale che corrode tutti i gruppi della società umana di tutte le nazioni. Questa conclusione trova la sua conferma negli avvenimenti internazionali degli ultimi quindici anni.
Le mie esperienze analitico-caratteriali mi convinsero invece che oggi non esiste assolutamente nessuno che non porti in sé gli elementi del modo di pensare e sentire fascista. Il fascismo come movimento politico si differenzia da altri partiti reazionari per il fatto che viene sostenuto e diffuso dalle masse umane.
Mi rendo perfettamente conto dell’enorme responsabilità che deriva da simili affermazioni. Augurerei, nell’interesse del nostro mondo tormentato, che le masse lavoratrici si rendessero conto con altrettanta chiarezza della loro responsabilità per quanto riguarda il fascismo.
Bisogna distinguere rigorosamente fra normale militarismo e fascismo. La Germania guglielmina era militarista, ma non fascista.
2.Il fascismo come movimento di massa
Poiché il fascismo si manifesta sempre e ovunque come un movimento sorretto dalle masse umane, tradisce tutti i tratti e tutte le contraddizioni della struttura caratteriale delle masse umane: non è, come si crede generalmente, un movimento puramente reazionario, ma costituisce un amalgama tra emozioni ribelli e idee sociali reazionarie.
Se per rivoluzione si intende la ribellione razionale contro condizioni insopportabili nella società umana, la volontà razionale di "andare a fondo a tutte le cose" ("radicale" – "radix" – "radice") e di migliorarle, allora il fascismo non è mai rivoluzionario. Non vi è dubbio che esso può fare la sua comparsa ammantato di sentimenti rivoluzionari. Ma non si chiamerà rivoluzionario quel medico che combatte con sfrenate imprecazioni una malattia, ma al contrario quello che con calma, coraggiosamente e coscienziosamente, cerca e combatte le cause della malattia. La ribellione fascista nasce sempre laddove una emozione rivoluzionaria viene trasformata in illusione per paura della verità.
Il fascismo, nella sua forma piú pura, è la somma di tutte le reazioni irrazionali del carattere umano medio. Il sociologo ottuso, a cui manca il coraggio di riconoscere il ruolo predominante della irrazionalità nella storia dell’umanità, considera la teoria fascista della razza soltanto un interesse imperialistico, per dirla con parole piú blande, un "pregiudizio". Lo stesso dicasi per il politico irresponsabile e retorico. L’intensità e la vasta diffusione di questi "pregiudizi razziali" sono la prova che essi affondano le loro radici nella parte irrazionale del carattere umano. La teoria della razza non è una creazione del fascismo. Al contrario: il fascismo è una creazione dell’odio razziale e la sua espressione politicamente organizzata. Di conseguenza esiste un fascismo tedesco, italiano, spagnolo, anglosassone, ebreo ed arabo. L’ideologia razziale è una tipica espressione caratteriale biopatica dell’uomo orgasticamente impotente.
Il carattere sadico-pervertito dell’ideologia razziale tradisce la sua natura anche nel suo atteggiamento di fronte alla religione. Si dice che il fascismo sarebbe un ritorno al paganesimo e il nemico mortale della religione. Ben lungi da ciò, il fascismo è l’estrema espressione del misticismo religioso. Come tale si manifesta sotto una particolare forma sociale. Il fascismo appoggia quella religiosità che nasce dal pervertimento sessuale, e trasforma il carattere masochista della religione della sofferenza dell’antico patriarcato in una religione sadica. Di conseguenza traspone la religione dall’aldilà della filosofia della sofferenza nell’aldiqua dell’omicidio sadico.
3.Mentalità fascista e carattere
La mentalità fascista è la mentalità dell’"uomo della strada" mediocre, soggiogato, smanioso di sottomettersi ad un’autorità e allo stesso tempo ribelle. Non è casuale che tutti i dittatori fascisti escano dalla sfera sociale del piccolo uomo della strada reazionario. Il grande industriale e il militarista feudale approfittano di questa circostanza sociale per i propri scopi, dopo che questi si sono sviluppati nell’ambito della generale repressione vitale. La civiltà meccanicistica ed autoritaria raccoglie, sotto la forma di fascismo, solo dal piccolo borghese represso ciò che da secoli ha seminato, come mistica mentalità del caporale di giornata e automatismo fra le masse degli uomini mediocri e repressi. Questo piccolo borghese ha copiato fin troppo bene il comportamento del grande e lo riproduce in modo deformato e ingigantito. Il fascista è il sergente del gigantesco esercito della nostra civiltà profondamente malata e altamente industrializzata. Non si può far vedere impunemente all’uomo comune il grande tam tam dell’alta politica: il piccolo sergente ha superato il generale imperialista in tutto: nella musica di marcia, nel passo dell’oca, nel comandare e nell’obbedire, nella mortale paura di dover pensare, nella diplomazia, nella strategia e nella tattica, nelle divise e nelle parate, nelle decorazioni e nelle medaglie. Un uomo come l’imperatore Guglielmo si rivelò in tutte queste cose un miserabile dilettante rispetto a Hitler figlio di un funzionario e morto di fame. Quando un generale "proletario" si copre il petto da ambo le parti con medaglie, e perché no, dalla gola fino all’ombelico, dimostra cosí al piccolo uomo comune che non intende essere da meno del "vero" e grande generale.
Solo dopo aver studiato a fondo e per anni il carattere del piccolo uomo comune represso, e le cose come si svolgono realmente dietro le quinte, è possibile comprendere su quali forze poggia il fascismo.
Nella ribellione delle masse di animali umani maltrattati contro le insignificanti cortesie del falso liberalismo (non intendo il vero liberalismo e la vera tolleranza) apparve lo strato caratteriale delle pulsioni secondarie.
Non è possibile rendere inoffensivo l’energumeno fascista se lo si cerca, a seconda della congiuntura politica, soltanto nel tedesco o nell’italiano e non anche nell’americano o nel cinese; se non lo si rintraccia nel proprio essere; se non si conoscono le istituzioni sociali che lo covano ogni giorno.
Si può battere il fascismo soltanto se lo si affronta obiettivamente e praticamente con una approfondita conoscenza dei processi vitali. Nessuno è capace di imitarlo in fatto di manovre politiche, abilità nel destreggiarsi nei rapporti diplomatici, e organizzazione delle parate. Ma non sa rispondere a questioni vitali pratiche, perché vede tutto nell’immagine riflessa dell’ideologia e sotto forma della divisa dello stato.
Quando un carattere fascista di qualsiasi colorazione si mette a predicare "l'onore della nazione" (anziché l’onore dell’uomo) o a la salvezza della sacra famiglia e della razza" (anziché la comunità dell’umanità che lavora); quando monta in superbia e quando dalla sua bocca non escono che slogans, allora gli si chieda pubblicamente, e con la massima calma e semplicità:
"Che cosa fai praticamente per dar da mangiare alla nazione senza assassinare altre nazioni? Che cosa fai come medico contro le malattie croniche, che cosa fai come educatore per favorire la gioia di vivere dei bambini, che cosa fai come economista contro la miseria, che cosa fai come assistente sociale contro il logoramento delle madri con tanti figli, che cosa fai come costruttore per sviluppare l’igiene delle abitazioni? Ora, cerca di non parlare a vanvera e cerca di dare una risposta concreta e pratica, altrimenti tieni chiuso il becco!"
Da ciò consegue che il fascismo internazionale non potrà mai essere battuto con manovre politiche. Soccomberà alla naturale organizzazione del lavoro, dell’amore e del sapere su scala internazionale.
Il lavoro, l'amore e il sapere della nostra società non hanno ancora il potere di determinare l’esistenza umana. Piú ancora, queste grandi forze del principio vitale positivo non sono consapevoli della loro immensità, della loro insostituibilità e della loro determinante importanza per l’esistenza sociale. Per questo motivo la società umana si trova oggi, un anno dopo la vittoria militare sui partiti fascisti, ancora piú vicina all’orlo dell’abisso. Il crollo della nostra civiltà sarà inarrestabile se i responsabili del lavoro, gli scienziati di tutte le ramificazioni vitali (e non mortali) e i donatori e i beneficiari dell’amore naturale tarderanno a rendersi conto della loro gigantesca responsabilità.
Ciò che è vivo può esistere senza il fascismo, ma il fascismo non può vivere senza ciò che è vivo. Il fascismo è il vampiro avvinghiato al corpo dei viventi che sfoga i suoi impulsi omicidi quando l’amore si ridesta in primavera invocando la naturale realizzazione.
"La libertà umana e sociale, l'autogoverno della nostra vita e della vita dei nostri discendenti si realizzerà in modo pacifico o violento?". Nessuno è in grado di dare una risposta a questa angosciosa domanda.
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